Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge ha lo scopo di porre la tutela del cielo stellato come obiettivo importante e urgente in materia di salvaguardia del patrimonio naturale e culturale del nostro Paese.
      Siamo infatti in una situazione di rischio. L'illuminazione notturna, l'eccesso di globi, fari, lampioni, insegne e quant'altro hanno portato negli ultimi quaranta anni a un aumento di luminosità di circa il 10 per cento ogni dodici mesi. Questo fa sì che la notte risulti ormai almeno dieci volte più chiara di quanto dovrebbe essere naturalmente.
      La luce che inquina l'atmosfera rappresenta un vero e proprio spreco per il solo fatto di non ottenere lo scopo per il quale è stata attivata, cioè quello di illuminare strade, giardini, palazzi o monumenti. Un inquinamento che si moltiplica a causa dell'altro inquinamento atmosferico: quello prodotto dallo smog, dalle particelle di polvere e dalle gocce di aerosol che riflettono e diffondono ulteriormente la luce.
      Tale forma di inquinamento ha molteplici effetti negativi per l'uomo e per l'ambiente che lo circonda: sia di tipo ecologico sia di tipo culturale, artistico, psicologico. Senza contare poi lo spreco energetico connesso a un'illuminazione dissennata.
      La perdita della visione del cielo notturno è una forma di deterioramento ambientale che implica una perdita culturale per le generazioni future in quanto le priva di un patrimonio naturale: gran parte degli scolari oggi vede le costellazioni celesti solo sui libri di scuola e la stragrande maggioranza degli abitanti delle grandi città non sa riconoscere neanche una stella. Un esempio eclatante è ciò che è accaduto all'indomani dell'ultimo

 

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forte terremoto che ha colpito la città di Los Angeles: i centralini telefonici degli istituti scientifici furono presi letteralmente d'assalto dai cittadini che chiedevano che cosa fosse successo al cielo. La sospensione dell'energia elettrica in moltissime zone della città e la distruzione di molti impianti di illuminazione avevano reso visibile ai cittadini il cielo stellato rimasto fino allora praticamente sconosciuto.
      In tale preoccupante contesto, la presente proposta di legge si prefigge di individuare modalità per riappropriarsi del cielo stellato e per rilanciare una cultura dell'attenzione e dell'ammirazione della volta celeste.

Il cielo come patrimonio naturale.

      Il punto di partenza della proposta di legge è quello di utilizzare le aree protette come volano di una nuova sensibilità in materia. Riteniamo che in questo modo si completi la concezione di tutela del patrimonio naturale del nostro Paese. Per questo alla formulazione, prevista dalla legge n. 394 del 1991 (legge-quadro sulle aree protette), che definisce il «patrimonio naturale» come costituito da «formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche» (articolo 1, comma 2), abbiamo voluto aggiungere che esso è costituito anche dal «cielo stellato», recependo peraltro una decisione presa nel 1992 dall'Unesco, quando ha dichiarato il cielo stellato «patrimonio mondiale» da proteggere e conservare con ogni mezzo.
      È sempre più forte nella nostra società la percezione della «perdita di natura» connessa con i fenomeni della urbanizzazione e della industrializzazione: non c'è dubbio che tra le perdite vada annoverata quella del cielo stellato. Si tratta allora di avviare un percorso di riscoperta del cielo facendo leva su nuove sensibilità che affiorano in forma diffusa nella società e che si possono sommare a quelle più sperimentate e scientifiche di astronomi e astrofili.

Partire dai parchi.

      I parchi hanno un significato in quanto tessere di un percorso più vasto e complesso: grandi laboratori nei quali si studiano e si sperimentano forme sempre più avanzate del rapporto tra l'uomo e la natura, per esportarle poi, in modo variamente sfumato, su tutto il territorio, perché siano viste dall'opinione pubblica come modelli ai quali ispirarsi. Per questo i parchi, nella riscoperta del cielo stellato, assumono un ruolo culturale ed educativo di estremo rilievo: sono gli avamposti di una proposta innovativa e alternativa.
      Questa proposta - fidando sull'azione dei Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e dell'istruzione, dell'università e della ricerca, - mette al centro il ruolo degli Enti Parco, nella convinzione che esistano volontà e disponibilità nell'assumere la valorizzazione del cielo notturno come nuova attività, anche turistico-economica, delle aree protette.
      I parchi dunque come zona da proteggere dall'inquinamento luminoso e ottico e come sede di iniziative capaci di costruire una nuova cultura del cielo stellato. Di qui la proposta che gli Enti Parco individuino delle zone specifiche da attrezzare come «punti di osservazione astronomica», come luoghi nei quali si possa compiere la riscoperta del cielo. Si è voluto con questo valorizzare ed estendere quella intuizione già presentata dalle associazioni degli astrofili e che va sotto il nome di «parchi di stelle».

Il rapporto con le regioni.

      Alcune regioni, quali Veneto, Toscana, Lazio, Valle d'Aosta, Lombardia e Piemonte, hanno già varato o hanno in corso di discussione proposte analoghe. È stato paventato il rischio che tali legislazioni, per problemi di sensibilità o di fondi disponibili, non trovino poi nel territorio risposte adeguate e rimangano inapplicate. Per evitare questi rischi e soprattutto per essere di supporto alle leggi regionali, seppur limitatamente alle aree protette, la

 

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presente proposta da una parte fissa vincoli e tetti di inquinamento, ma dall'altra istituisce un fondo, di 8 milioni di euro annui, per pianificare i nuovi impianti e permettere la riconversione di quelli vecchi e inquinanti. Una legge di incentivi dunque che permetta di valorizzare le tante disponibilità esistenti nel mondo delle aree protette.
      Da questo punto di vista la presente proposta di legge si presenta soprattutto come un progetto di incentivazione affidandone la realizzazione ad una costante opera di collaborazione tra i Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e dell'istruzione, dell'università e della ricerca, e gli Enti Parco.

La dimensione culturale.

      Esiste oggi in Italia un grande consenso attorno alla necessità di conservare e valorizzare i luoghi della memoria, i monumenti, i beni culturali, i paesaggi, cioè tutto ciò che permette il mantenimento e la ricostruzione della nostra storia e della nostra identità culturale. Proprio in questa direzione la difesa del cielo stellato acquista un particolare significato.
      Nel diciottesimo canto di quell'Iliade su cui si sono formate molte generazioni di italiani, Omero, nel VII secolo a.C., descrive così la creazione dello scudo di Achille forgiato da Vulcano: «Ivi ei fece la terra il mare il cielo e il sole infaticabile, e la tonda Luna, e gli astri diversi onde sfavilla incoronata la celeste volta, e le Pleiadi, e l'Iadi, e la stella d'Orion tempestosa, e la grand'Orsa che pur Plaustro si noma. Intorno al polo ella si gira ed Orion riguarda, dai lavacri del mar solo divisa». Insomma fin dai tempi più remoti la contemplazione del cielo stellato è stato uno dei più immediati e intriganti veicoli di contatto dell'uomo con la natura e la volta celeste è stata letta come un grande e affascinante libro illustrato che fissava nell'eterno scintillio notturno il profilo dei protagonisti dei racconti mitologici. La «lettura» del cielo fa parte della storia culturale dell'uomo: tutte le civiltà infatti hanno posto nei cieli la sede di ciò che era divino, sviluppando sistemi per trovare vaticini dalle configurazioni astrali. Senza contare che gli astri e le stelle sono stati fonte di ispirazione per poeti ed innamorati, riferimento per navigatori, stimolo intellettuale per filosofi e naturalisti.
      Tutta la nostra cultura, il nostro immaginario, le nostre forme di percezione sono intrise di queste letture del cielo. Persino le nostre abitudini, se è vero che un numero consistente di persone fa scelte quotidiane affidandosi all'oroscopo, cioè alle configurazioni stellari. Anche i reperti trovati nella valle del fiume Eufrate, suggeriscono che gli antichi osservando il cielo vedevano «disegnati» il leone, il toro e lo scorpione nelle stelle e da questo traevano auspici. Ma allora le stelle si vedevano, ora non più: è come se parlassimo di Roma accettando la sparizione del Colosseo, o di Atene mettendo in conto la perdita del Partenone.

La dimensione naturale.

      Anche la flora e la fauna subiscono notevoli danni dalle fonti luminose. La luce, per la maggior parte dei sistemi biologici, è di fondamentale importanza. L'alternarsi tra il giorno e la notte, tra luce e buio è uno dei fattori vitali sia per gli animali sia per le piante. Nel momento in cui questo equilibrio viene alterato si creano dei danni irreversibili. Studi condotti presso il dipartimento di biologia dell'università di Padova hanno dimostrato che la presenza di una sorgente luminosa artificiale in prossimità di una pianta causa uno stress alle foglie che sono direttamente esposte alla luce, alterandone il normale processo fotosintetico. Inoltre, le sorgenti luminose possono essere responsabili di un microclima nelle foglie, favorendo un prolungamento del periodo vegetativo e un ritardato distacco delle foglie stesse con grave rischio per la vita della pianta. D'altronde basta osservare in autunno gli alberi posti lungo i viali: le porzioni delle piante che sono più vicine alle lampade stradali restano verdi più a

 

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lungo, mentre le restanti sono già secche, avendo completato il loro ciclo stagionale.
      Per la fauna non va sicuramente meglio. Le falene impostano la loro rotta migratoria basandosi sulla luna o su stelle particolarmente luminose; singole sorgenti luminose o addirittura concentrazioni di luce artificiale di agglomerati urbani disorientano e attraggono le falene. Ciò causa la demolizione dello sciame migratorio e soprattutto la decimazione di individui con l'altissimo rischio dell'estinzione di intere specie.
      Nel 1992 Hausmann ha condotto uno studio nel quale si è evidenziato l'elevato numero di farfalle notturne uccise da lampade industriali in zone seminaturali del sud Italia.
      Alcune specie di uccelli, come alcuni passeriformi, che usano l'orientamento astronomico nelle loro migrazioni notturne possono essere disturbati dalla presenza di fonti luminose artificiali. Degno di nota è il caso riguardante ciò che è accaduto ad un falco pellegrino alla periferia di Cagliari alcuni anni fa: appollaiato sui tralicci di una raffineria di petroli, attendeva gli uccelli migratori notturni che venivano attratti da un potentissimo faro che illuminava a giorno gli impianti per motivi di sicurezza disperdendo però una notevole quantità di luce verso l'alto.
      Nel 1998 la luce che illuminava a giorno gli alberghi sulle coste di Creta, disorientava i piccoli di tartaruga marina, che invece di tuffarsi in mare, finivano per lasciarsi morire sulla spiaggia.
      Si tratta di esempi significativi che inducono ad attente riflessioni e soprattutto pongono grossi interrogativi sul rapporto tra inquinamento luminoso e vita degli animali nelle aree protette. È anche per rispondere a questi interrogativi che viene ripresentata la presente proposta di legge, già oggetto, nel corso della XIV legislatura, di un approfondito esame parlamentare, che purtroppo non ha potuto approdare a una definitiva approvazione. Anche in considerazione dell'approfondito lavoro già svolto dalle Commissioni Ambiente e Attività produttive, si esprime l'auspicio che le norme proposte possano essere rapidamente approvate con il concorso di tutte le forze politiche.
 

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